L'articolo de "La Stampa" di martedì 1 luglio 1969 sulla prossima missione di Apollo 11 che porterà per la prima volta due rappresentanti del pianeta Terra a camminare sulla superfice della Luna (dalla collezione personale di Gianluca Atti). Ad Armstrong viene attribuita erroneamente, due volte, l’iniziale H per il secondo nome. In realtà il suo secondo nome è Alden.
Il 21 luglio, all'alba, due astronauti americani poseranno piede sul satellite
Il mese della conquista lunare
Tutto è pronto a Cape Kennedy, il Saturno è sulla rampa di lancio - Come si svolgeranno le fasi del volo - Neil Armstrong e Edwin Aldrin scenderanno con la scialuppa "Lem" fra circhi e crateri - Michael Collins li aspetterà orbitando in alto sulla navicella-madre - Gli uomini porteranno a terra ciottoli di Luna e lasceranno sul satellite strumenti di misurazioni scientifiche - Tutto il mondo potrà seguire l'impresa alla tv
E' probabile che in un lontano futuro, quando vivranno i nipoti dei nostri nipoti, solo gli specialisti sapranno che nel 1914, mese di agosto, cominciò una terribile guerra e che nel settembre 1939 ne cominciò un'altra e più terribile ancora. Ma tutti sapranno, e lo leggeranno nei libri di scuola, che nel luglio 1969 per la prima volta nella storia dell'umanità una creatura della Terra abbandonò la sua patria e giunse a posare il piede su un altro corpo celeste. Racconteranno, i libri del futuro, che in quell'estate un razzo ad energia chimica (e quanto primitivo in confronto alle astronavi che allora varcheranno gli spazi!) s'era innalzato dalla bella penisola della Florida con in cima una piccola cabina d'acciaio e tre uomini generosi. E aggiungeranno, i libri di testo che i nostri nipoti leggeranno forse in un'aula di Marte o di Venere, che proprio a quel giorno lontano si può far risalire l'inizio del moto di dispersione dell'umanità fuori del suo mondo d'origine verso altri pianeti.
Ma vediamo da vicino che cosa accadrà in questo entusiasmante mese di luglio. Sulla rampa di lancio di Cape Kennedy è già eretto il Saturno 5: un razzo del peso di 3104 tonnellate, capace di una spinta di 3.400.000 chilogrammi, alto 108 metri. Il "count down lungo" è già cominciato da una settimana, si tratta del controllo minuzioso di tutti i pezzi (oltre un milione) che costituiscono l'insieme dell'Apollo 11. Il "conto alla rovescia" vero e proprio, cioè il controllo dei comandi, avrà inizio due giorni prima del "take off".
La partenza
La partenza è fissata, a parte eventuali ritardi dovuti alle condizioni del tempo, alle ore 9,32 locali (corrispondenti alle 15,32 italiane) del 16 luglio. I tre astronauti Neil H. Armstrong, Edwin Aldrin e Michael Collins, saranno a bordo del modulo di comando, una delle tre parti di cui consiste l'astronave Apollo (le altre due parti sono il modulo di servizio e il modulo lunare, o scialuppa di discesa, o Lem). Giaceranno in poltrona, con la testa rivolta all'indietro e le gambe allungate innanzi per reggere meglio alla spinta iniziale.
Accenniamo soltanto ai vari momenti del volo. La tecnica è assai complessa, e del resto potremo vedere alla televisione, con una precisione finora impensabile, le manovre principali. La prima di esse consiste nel raggiungere la cosiddetta orbita di parcheggio intorno alla Terra; l'Apollo sarà diventato in quel momento un satellite del nostro pianeta, una luna esso stesso in miniatura. La sua velocità sarà di circa 30 mila chilometri orari. Quando il "cervello" dell'intera impresa, il centro di controllo elettronico di Houston nel Texas, avrà rilevato tutti i dati dell'orbita, inclinazione, tempo, eccentricità, darà l'ordine definitivo.
E' il momento cruciale, l'abbandono della Terra. Da pochi minuti il primo e il secondo stadio del vettore Saturno saranno già stati abbandonati e saranno ricaduti verso l'oceano, bruciandosi in una immensa fiammata negli strati più densi della nostra atmosfera. Un impulso del radar e si accenderà, per la seconda volta, il motore del terzo stadio: la velocità dell'Apollo aumenterà vertiginosamente, toccherà i 40 mila chilometri orari, nella direzione voluta.
Il viaggio dall'orbita di parcheggio circumterrestre sino alla Luna durerà tre giorni e mezzo. In questo tempo gli astronauti dovranno compiere alcune difficili manovre. Per prima cosa staccare il modulo di comando e il modulo di servizio dal terzo stadio del Saturno, quindi capovolgere i due moduli rendendo così utilizzabili i motori del modulo di servizio. Contemporaneamente l'equipaggio staccherà il "corpo di attracco" del terzo stadio. Questo si spezzerà e lascerà libero sul davanti il "modulo lunare" che verrà riunito alle altre due sezioni dell'Apollo così da formare un corpo unico. E' questa la manovra detta del "docking".
Passeranno le ore. L'Apollo continuerà la sua corsa nel vuoto dello spazio, Dio non voglia interrotta da qualche errante e pericolosa meteorite. La navicella, nel suo progredire, ruoterà lentamente su se stessa, per non volgere sempre la stessa parte agli implacabili raggi del Sole che nessuna atmosfera varrà a frenare nella loro potenza, raggi x, raggi gamma, radiazioni ultraviolette. La Luna apparirà sempre più vicina, contro il cielo nerissimo, fra le stelle immobili senza scintillio. La Terra si farà più piccola, i mari si scorgeranno chiari, più lievemente ombrati i continenti, d'un bianco abbagliante le nuvole. La corsa dell'Apollo sarà diminuita soltanto dalle forze gravitazionali, la velocità diminuirà sempre più da quella iniziale di 40 mila chilometri orari fino a quando sarà raggiunto il punto equi gravitazionale, la zona cioè dove l'attrazione della Terra più lontana e della Luna ormai più vicina si equivarranno. Poi riprenderà ad aumentare. Se non intervenissero una correzione ed un'accensione dei motori, il veicolo cosmico finirebbe per infrangersi sulle aride desolate lande del nostro satellite.
Ma ciò non avverrà. L'Apollo verrà inserito in una orbita circumlunare, lievemente ellittica, con una quota minima di 90 chilometri sulla superficie della Luna. Gli astronauti faranno parecchi giri, controlleranno tutti gli apparecchi, osserveranno dall'alto i crateri e i circhi fra i quali due di loro (sono stati designati Armstrong e Aldrin) dovranno scendere, confronteranno le indicazioni avute da terra con ciò che vedranno con i loro occhi. Ancora una volta l'ordine decisivo verrà dalla base di Houston. I due primi esploratori lunari avranno preso posto nel LEM, scialuppa di sbarco; questa si staccerà dalla navicella madre a bordo della quale sarà rimasto il comandante Michael Collins e lentamente scenderà fino a posarsi, frenata ancora da un retrorazzo, sulla desiderata superficie lunare.
Saranno le 16,23 ora di Capo Kennedy del 20 luglio. I due uomini non scenderanno subito dalla "scialuppa". Aspetteranno, per ragioni tecniche e di sicurezza, sino alle 2,07 del 21 luglio (corrispondenti alle ore 8,17 italiane). In quell'istante Neil H. Armstrong aprirà il portello del modulo lunare, che sarà appoggiato al suolo del satellite con le quattro lunghe gambe a telescopio. Indosserà la pesante tuta spaziale che dovrà proteggerlo dalle tremende radiazioni del cosmo, pressurizzata e a prova di calore, porterà con sé una riserva di ossigeno, una piccola radio rice-trasmittente che gli permetterà di comunicare con il compagno che scenderà anche lui, un poco più tardi. Attorno a sé vedrà un paesaggio mai contemplato da occhio umano.
Compiti precisi
Ma avranno poco tempo per ammirare soltanto, i due uomini. Devono pensare ai compiti scientifici che sono stati loro assegnati. Sentiranno dentro sé battere il loro cuore, avvertiranno forse l'indescrivibile angoscia dell'ignoto, d'un mondo ostile ed estraneo. Ma dovranno agire. Scaricare gli strumenti di misurazione che verranno lasciati sulla Luna, calibrarli, regolarli, collegarli all'emittente che invierà alla lontana Terra i dati ottenuti sulle radiazione, il vento solare, la temperatura, i micrometeoriti. Poi dovranno prelevare alcuni ciottoli di quel terreno, una ventina di chili di materiale che verrà portato a terra. Materiale più prezioso di tutto l'oro.
Poi la difficile, emozionante manovra di ritorno. L'accensione dei motori, il raggiungimento con il "Lem" della navicella madre che avrà intanto continuato ad orbitare in attesa attorno al nostro satellite, il nuovo "docking", l'involo verso il nostro pianeta e le nuove manovre e il rientro attraverso l'atmosfera, un attimo di angoscia con una temperatura di 900 gradi e il silenzio radio e lo "splash-down" nell'oceano con tutto il mondo incollato agli schermi televisivi.
Ciò che porteranno con sé, ciò che diranno gli scienziati segnerà una svolta nelle conoscenze umane. I laboratori esamineranno le pietre lunari, ne analizzeranno i componenti, i tecnici ci diranno se qualche forma sia pur primordiale di vita sarà presente, forse negli anfratti più nascosti del satellite. Nuove spedizioni si prepareranno, l'umanità continuerà il suo cammino.
E tre uomini, tre piccoli uomini come noi, resteranno sempre con un grande ricordo nel loro cuore, per sempre ricorderanno quel mattino di luglio quando, soli nell'immensità dello spazio, in un mondo eternamente silenzioso senza erba, senza ruscelli levarono lo sguardo al cielo e dissero a se stessi: "Ecco. Ecco, lassù, quella pallida lunghissima falce, la nostra Terra". (Umberto Oddone)
Il direttore della Nasa rileva i rischi della missione Apollo
L'atterraggio lunare deve essere perfetto: in caso di fallimento, non è possibile recuperare gli astronauti - La scimmia "Bonny" (in orbita a 320 chilometri dalla Terra) sta bene: tornerà fra un mese
Houston, 30 giugno. Il direttore della Nasa, dott. Thomas Paine, ha richiamato l'attenzione della stampa, attraverso un'intervista al settimanale U.S. News and World Report, sulle difficoltà dell'impresa che il 21 luglio porterà l'uomo a posarsi sulla Luna. Paine ha detto che l'invio di uomini sulla Luna presenta rischi mai incontrati nella decennale storia dell'astronautica. Il momento più pericoloso dell'impresa - secondo il direttore della Nasa - sarà l'atterraggio sulla Luna. Dovrà essere perfetto perché il modulo lunare della missione Apollo dovrà posarsi al suolo in condizioni da poter sicuramente ripartire.
Paine ha paragonato la situazione a quella di un aereo di linea in volo. E' l'intero aereo - ha detto - che deve atterrare indenne: non è possibile salvare singoli passeggeri in caso di disastro. Il direttore della Nasa ha anche accennato a rischi inevitabili che i tecnici hanno ridotto al minimo senza però poterli sopprimerli del tutto. E' possibile - ha soggiunto - che questo primo tentativo di sbarco sulla Luna non venga coronato da successo. Tuttavia, con l'assistenza della fortuna, se la missione Apollo 11 riuscirà in pieno, farà dimenticare definitivamente agli Stati Uniti lo choc subito dodici anni fa, quando i sovietici misero in orbita il primo satellite artificiale della storia.
Mentre fervono gli ultimi preparativi per il volo lunare, la scimmia Bonny vola intorno alla terra, e vi rimarrà per un mese intero, alla quota di 320 chilometri. Bonny è bloccata dalla tuta astronautica, con le sole braccia libere per procurarsi il cibo. La scimmia - un maschio della giungla thailandese di tre anni, del peso di 6 chili e 300 grammi - è stata addestrata a seguire l'apparizione di immagini simboliche su uno schermo e a regolarsi in conseguenza nel premere le leve che liberano le compresse di cibo. Dal mantenimento della sua capacità manuale e dal controllo dell'attività cerebrale e delle funzioni biologiche, gli scienziati desumeranno se l'uomo potrà affrontare le lunghe missioni di esplorazione dei pianeti e la permanenza prolungata nelle stazioni orbitali terrestri che saranno create in un prossimo futuro.
Dopo il primo choc del lancio, quando si svegliò di soprassalto impaurita (il ritmo cardiaco passò da 150 a 200 battiti al minuto), e dopo le prime difficoltà della messa in orbita (forza di accelerazione doppia di quella sperimentata dall'uomo), Bonny si è assuefatta alle nuove condizioni e sta abbastanza bene da poter portare a termine la missione. Il direttore del programma, Charles Wilson, ha detto che la scimmia si nutre regolarmente e beve molto. Il record di permanenza nello spazio appartiene attualmente a due cani dei sovietici, che nel 1966 rimasero in orbita 22 giorni. (A.P.)
Lanciata nello spazio, in orbita terrestre, il 28 giugno 1969, a bordo di un satellite biologico della NASA, con lo scopo di effettuare il più lungo volo di un essere vivente al di fuori dell'atmosfera (30 giorni), Bonny vedrà interrompersi il proprio viaggio al solo nono giorno per il proprio precario stato di salute. Dopo il rientro sulla Terra, il forzato astronauta sopravvivrà ancora dodici ore, poi morirà per assideramento.