(dalla collezione personale di Gianluca Atti)
Metterò piede sulla Luna e ne porterò a casa un pezzo
L’astronauta americano Neil Armstrong spiega qui le principali operazioni che costituiscono l'obiettivo finale della missione Apollo 11 - "Appena sceso dalla scaletta del ragno lunare dovrò raccogliere polvere e rocce selenitiche" - "Resterò solo per quaranta minuti, poi sarò raggiunto del mio compagno di viaggio, Edwin Aldrin: insieme faremo alcuni esperimenti scientifici" - "Prima di ripartire lasceremo sulla Luna un sismografo in grado di funzionare per un anno"
Intervista di Gino Gullace
Houston (Stati Uniti), aprile
Il primo uomo che, nel prossimo luglio, toccherà con i piedi la Luna, si chiama Neil Armstrong: la scelta è stata annunciata ufficialmente dal direttore generale del progetto Apollo. Armstrong, comandante della missione Apollo 11, aprirà la porta del cosiddetto modulo lunare, scenderà una scaletta e si fermerà sulla superficie del nostro satellite; quaranta minuti dopo di lui scenderà anche Edwin Aldrin, il suo compagno di viaggio. Nei quaranta minuti di intervallo, Aldrin rimarrà nel modulo lunare manovrandolo fino a trovare la posizione adatta per la partenza.
Armstrong, può dirmi come è avvenuta la scelta del primo uomo che dovrà scendere sulla Luna?
La scelta non è certamente basata su un desiderio individuale. Essa è dunque caduta sulla persona le cui attitudini sono ritenute le più adatte per ottenere il massimo risultato di efficienza durante la missione.
Quali saranno, in ordine di importanza, i lavori che lei e Aldrin dovrete svolgere appena giunti sulla Luna?
C'è una precisa graduatoria dei lavori che dovrò fare una volta arrivato lassù. Per primo, scatterò parecchie fotografie del punto di allunaggio visto dal modulo lunare. Poi riempirò un piccolo recipiente di materiale selenitico, che raccoglierò appena sceso, accanto alla scaletta. Successivamente valuterò alle condizioni di movimento consentitemi dallo scafandro lunare in un ambiente dove, come è noto, la forza di gravità è un sesto di quella della Terra. La quarta cosa che dovrò fare sarà di scattare altre fotografie della zona di allunaggio vista dalla superficie lunare. Poi dovrò cominciare a mettere in posizione gli strumenti elettronici per gli esperimenti, allontanandomi di quindici metri dal "ragno", cioè dal modulo lunare. La sesta cosa, in ordine di importanza, è l'ispezione dell'esterno del ragno: essa consiste nel girare intorno all'apparecchio fotografandone la base. Poi prenderò dei campioni di pietra lunare che si trova nelle immediate vicinanze. Infine metterò in posizione l'equipaggiamento per gli esperimenti scientifici, che sono tre. Fatto questo bisognerà che io e Aldrin ci muoviamo in coppia per raccogliere altri campioni di materiale lunare e fotografarli.
Quale sarà esattamente il punto di allunaggio?
Il punto più probabile, in relazione alla data della partenza, sarà quello rilevato come posto numero uno dalla missione condotta dall'Apollo 8. Le fotografie che noi abbiamo viste e che sono state così bene descritte dall'equipaggio dell'Apollo 8, raffigurano quello che molto probabilmente sarà il posto dove scenderemo. Come lei sa, abbiamo cinque zone per la discesa; la zona che una volta era chiamata 2P2 è ora chiamata zona di allunaggio numero 1.
Quale è stata la reazione di sua moglie, quando ha saputo che lei era stato scelto per la missione dell'Apollo 11?
Mia moglie mi ha chiesto se questa era la cosa che io desideravo fare. Ho risposto che su ciò non c'era alcun dubbio. E lei ha detto: "Bene, allora ciò rende felice anche me".
Quali sono, secondo lei, le maggiori difficoltà della missione?
È difficile dirlo da qui. Potrebbe non funzionare qualcosa e noi resteremmo lassù, per esempio. Certamente incontreremo uno dei momenti di maggior tensione quando dovremo far funzionare i razzi per il volo di ritorno. Noi siamo sicuri che tutto l'equipaggiamento e l'attrezzatura funzioneranno secondo le previsioni; ma siccome abbiamo avuto dei problemi nei voli precedenti, riconosco che, sebbene tutto sembri perfetto, si possono sempre verificare dei guasti. Perciò una buona parte del nostro allenamento consiste nell'addestrarci a ripararli e a essere in grado di controllare qualsiasi tipo di situazione.
Rispetto alla prima versione il vostro modulo lunare è molto diverso?
Certo, sono state effettuate molte trasformazioni. Ogni modulo lunare e lievemente diverso dall'altro. Il modulo numero 5, cioè quello che andrà sulla Luna, è di peso inferiore ai precedenti ed ha subito varie modifiche agli impianti elettrici.
Qualcuno dice che incontrerete difficoltà nella deambulazione; altri sostengono, al contrario, che sulla Luna sarete liberi di muovervi molto più che sulla Terra. Poiché voi siete stati nei simulatori, che cosa ne pensate? Vi muoverete come ci si muove in Terra o saltellando?
Io credo che il servizio più importante che noi possiamo rendere scendendo sulla superficie lunare sarà appunto di rispondere alla domanda che lei a posto. Se alla domanda risponderemo in modo adeguato, ciò servirà immensamente gli astronauti delle prossime missioni per una migliore distribuzione del tempo disponibile.
Nell’equipaggiamento che porterete sulla Luna, ci sarà un sismografo che lascerete sulla crosta del nostro satellite. Quale sarà la sua funzione? Trasmetterà dati alla Terra?
Il sismografo potrà funzionare per un anno ed è costruito in modo da mantenersi caldo anche durante le notti lunari. Trasmetterà dati che aumenteranno le nostre conoscenze in vista delle missioni future.
Poiché noi sappiamo già come volare in orbita intorno alla Luna, da un punto di vista pratico ed economico perché credete che sia necessario scendere sulla superficie lunare?
Sarei presuntuoso se dicessi che io posso rispondere a questa domanda meglio degli scienziati e dei tecnici. Certamente abbiamo visto le fotografie del Surveyor, dell'Apollo, le abbiamo studiate, abbiamo notato pietre, rocce, striature. Ma per conoscere le cose, credo, è meglio essere lì, presenti, poterle toccare, portarle a casa, nei nostri laboratori. Meglio averle sott'occhio che essere costretti a studiarle da lontano.
Quanto grande è il punto in cui allunerete? E quale interesse presenta dal punto di vista scientifico?
La zona su cui alluneremo ha un'area di parecchi chilometri quadrati ed è geologicamente molto interessante perché presenta una grande varietà di caratteristiche di origine meteorica e vulcanica.
Quale la fase più importante del volo? In che misura i voli precedenti sono stati importanti per il volo dell'Apollo 11?
Se dovessi citare le cose più importanti, direi che questi voli finora sono stati una dimostrazione del successo dei sistemi di propulsione sia per le partenze sia per gli arrivi.
I primi voli spaziali mi parevano cose da ragazzi
Abituato a sfidare la morte con l'aereo-razzo X-15, l'ingegner Neil Armstrong entrò nel gruppo degli astronauti solo quando i progetti scientifici divennero più ambiziosi - La drammatica carambola nel cielo con la Gemini 8 - "Certo: penso alla Luna, ma ho il dovere di non emozionarmi".
Corrispondenza di Gino Gullace
Houston (Stati Uniti), aprile
Fino a poche settimane fa si pensava che il primo a toccare il suolo lunare non sarebbe stato Neil Armstrong, ma Edwin "Buzz" Aldrin. La decisione di affidare l'incarico ad Armstrong, a quanto abbiamo saputo nel corso della nostra piccola inchiesta a Houston, è stata determinata da vari motivi. Il primo è che, essendo Armstrong il comandante di tutta la missione, pareva giusto che toccasse a lui l'onore di entrare nella storia come il primo uomo che è disceso sulla Luna; il secondo è che Aldrin è un colonnello dell'aviazione, mentre Armstrong è un civile; facendogli toccare per primo la Luna si riafferma in modo simbolico che gli intenti di programma spaziale americano sono scientifici e non militari. Gli astronauti, del resto, almeno in apparenza, non hanno le gelosie dei comuni mortali che brigano e intrigano per avere il posto più importante di una missione. Essi accettano con spirito sportivo le decisioni che vengono dall'alto.
"Questo", ha detto Armstrong, "è un grande onore per me. Ma mi sarei sentito onorato egualmente per qualsiasi altra missione. Ogni altro astronauta del progetto Apollo avrebbe potuto compiere egregiamente la missione che è stata affidata a me". Egli sa che è destinato ad avere un posto importante nella storia come comandante della navicella che dovrà far della Luna una testa di ponte per l'esplorazione dell'universo; ma si sente a disagio quando si parla di lui, della sua persona, e si affretta a precisare che il merito dell'impresa è collettivo, della gente che paga le tasse per realizzarla, dei tecnici, degli scienziati, degli organizzatori. Giulio Verne nel tratteggiare la figura di Michel Ardan, il personaggio fantascientifico che decide di andare sulla Luna nel proiettile in partenza dalla Florida, scrive che è "uno di quegli originali che il creatore inventa in un momento di estro, per poi spezzarne subito lo stampo".
IN VOLO COL PORTAFORTUNA
Neil Armstrong, l'uomo destinato a trasformare in realtà la fantascienza di Verne, è un tipo completamente opposto a Michel Ardan: un tipo modesto, serio, disciplinato, coscienzioso, che, come tutti gli altri astronauti, considera i viaggi nello spazio una missione più che un'avventura.
Armstrong è nato a Wapakoneta, una cittadina dell'Ohio, il 5 agosto 1930 e in questa cittadina ha trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza. Da ragazzo ebbe la passione per il volo e diventò un collezionista di "ricordi" dei primi trasvolatori. Ancora oggi tiene con sé queste reliquie come portafortuna. Nel 1966, quando, come astronauta, fu scelto per il volo della Gemini 8 che doveva realizzare per la prima volta l'appuntamento di due veicoli spaziali in orbita, portò con sé una scheggia di legno di un velivolo, chiamato New Orleans, che nel 1924 fece il giro del mondo; una carta topografica del campo di aviazione Bennett Field decorata con caricature dei più famosi piloti partiti da quel campo; e un vecchio orologio che gli era stato regalato da un altro pilota diventato uomo d'affari, il quale aveva tentato nel 1933 di fare da solo il giro del mondo (tentativo concluso in Alaska per un guasto al motore).
Finite le scuole, Armstrong diventò pilota e fu inviato nel Pacifico dove rimase dal 1949 al 1952. Durante la guerra di Corea prese parte a una ottantina di missioni, e fu decorato al valore. Si congedò dopo il conflitto e si iscrisse all'Università di Purdue dove, nel 1955, ottenne la laurea in ingegneria aeronautica. Nel 1956 sposò Janet Shearon, una giovane diplomata in economia domestica, dalla quale ha avuto due figli: Eric, che oggi ha 12 anni, e Mark, che ne ha sei. Dopo la laurea, Armstrong diventò collaudatore di aerei sperimentali presso la stazione dei voli ad alta velocità della base aerea Edwards, in California. Su un aereo sperimentale, il famoso X-15, superò i seimila chilometri orari di velocità e raggiunse i 70 mila metri di altezza. Avendo volato ben sette volte con questo aeroplano, Armstrong, giudicava dilettanteschi i primi progetti spaziali, come il Mercury. Nel 1962, tuttavia, decise di cimentarsi con l'astronautica poiché i programmi spaziali gli sembravano più ambiziosi e più promettenti.
Gli astronauti scelti quell'anno furono nove; di essi soltanto due, Armstrong e See, erano civili. Del gruppetto, Armstrong era il pilota che aveva la maggior esperienza: aveva infatti al suo attivo oltre 4000 ore di volo. I nove piloti fecero una festa nella casa di John Glenn: quella sera parlarono della Luna e del viaggio alla Luna. Il giorno dopo, Amstrong, sistematosi ormai a Houston, lanciò un progetto di studio da condurre insieme con la moglie e i suoi figli: lo studio della superficie lunare su fotografie e illustrazioni.
Janet Armstrong è una donna fatalista. La sua principale occupazione è di tenere la casa in ordine e badare ai figli. Come moglie di un pilota che collaudava aerei, si abituò a vederlo partire per imprese che erano rischiose e a vederlo sempre ritornare. Ancora oggi, con questo allenamento psicologico, ha una fede incrollabile nel suo ritorno, dovunque egli vada, qualunque impresa rischiosa affronti. Questa fede, invece che scossa, fu addirittura rinforzata dall'episodio del marzo 1966, mese in cui la signora Janet trascorse le ore più drammatiche della sua vita. Il 16 marzo Neil Armstrong e David Scott furono lanciati in orbita da Cape Kennedy nella missione Gemini 8 che aveva lo scopo di realizzare il primo appuntamento spaziale con un satellite Agena. Il volo sarebbe dovuto durare tre giorni, durante i quali Scott sarebbe dovuto uscire dalla capsula e fare una passeggiata nel vuoto della durata di due ore e mezzo.
LA PREGHIERA DI JANET
A Cape Kennedy quel giorno c'erano anche i genitori di Armstrong che volevano assistere alla partenza del figlio. Pochi giorni prima il signor Stephen Armstrong aveva chiesto al figlio Neil se, per caso, non avesse paura e si era sentito rispondere: "Papà, ho volato in ottanta missioni di guerra in Corea e mi sparavano da tutte le parti. Adesso qui non c'è nessuno che punti le mitragliatrici contro di me. Lo spazio è libero". C'erano comunque altri pericoli, e ben presto il volo si trasformò in un dramma. Per le prime sette ore le operazioni si svolsero secondo quanto era previsto. Armstrong e Scott raggiunsero l'Agena con la capsula Gemini eseguendo una manovra perfetta: soddisfatti del successo, spensero le luci in cabina con l'intenzione di addormentarsi per qualche ora. Ma all'improvviso, a 185 miglia di altezza sull'Oceano Indiano, i due veicoli attaccati cominciarono a girare come una trottola. Le rotazioni durarono tre minuti, cessarono per altri quattro e ricominciarono di nuovo, vertiginosamente. Armstrong manovrò in modo da staccare la Gemini dall'Agena; ma la Gemini continuò a ruotare su se stessa al ritmo di un giro al secondo. Il dottor Berry, il medico della Nasa, seguiva con grande ansietà tutta la vicenda: dai suoi strumenti risultava che il cuore di Armstrong e Scott aveva 150 pulsazioni al minuto: i due uomini stavano raggiungendo il limite della resistenza fisiologica.
Janet Armstrong quel giorno non era andata a Cape Kennedy per veder partire il marito: era rimasta in casa per fare le pulizie. Subito dopo il lancio tutto sembrava così normale che le stazioni televisive erano passate alla trasmissione dei programmi regolari. Uno di questi era di fantascienza e aveva il titolo Perduti nello spazio. Successivamente si ebbero le notizie dell'incidente della Gemini. Janet lasciò la casa e si recò nella chiesa più vicina per pregare. Quando rientrò ebbe la buona notizia: suo marito era riuscito ad accendere un razzo, a dare una certa stabilità al suo veicolo e stava tornando sulla Terra. Da lì a poco il veicolo si tuffò nel Pacifico.
L'incidente era stato prodotto da un corto circuito che aveva fatto partire il razzo sbagliato. Ma con questa impresa Armstrong e Scott avevano dimostrato delle qualità eccezionali in un momento di dramma: il loro autocontrollo li aveva aiutati a frenare la capsula e ritornare sani e salvi in terra.
IL VERDE PRATO L'ASPETTA
Armstrong finora ha fatto almeno venti viaggi fino alla Luna, nel simulatore. Ma, memore dell'esperienza passata, sa che un simulatore è sempre soltanto un simulatore. "Non c'è alcun modo", egli dice, "di riprodurre interamente una missione lunare. Nonostante i calcoli e le prove fatte in anticipo, essa è sempre un viaggio nell'ignoto, solo il viaggio vero costituirà la prima prova. Nei primi tempi del programma Mercury si sapeva poco dello spazio, e gli astronauti venivano addestrati per i primi voli orbitali con esercizi che, come si è rivelato poi, erano inutili. Noi abbiamo dei simulatori che chiamerei perfetti: essi riproducono perfino i suoni e gli odori che si incontrano in un viaggio sulla Luna. I geologi, ad esempio, hanno creato un panorama lunare è che ci è ormai familiare come il nostro cortile. Non dovremmo essere sorpresi di ritrovarlo sulla Luna, con le stesse caratteristiche. Ma ci sono cose che non possono essere veramente riprodotte. Ad esempio, la forza di gravitazione. Essa è un sesto di quella della Terra e un astronauta può facilmente fare un salto di sei metri. Ma deve ricordare che la massa del suo corpo è sempre la stessa e che urtando contro una roccia lunare si farebbe lo stesso male che si fa in terra urtando alla medesima velocità. I movimenti delle manovre sono stati tanto ripetuti che ormai sono diventati routine, ma bisogna tener presente, ad esempio, che la manovra di un appuntamento tra veicoli è come quella che fa il capitano di una nave il quale deve entrare in un porto nel cuore della notte e ha a sua disposizione solo pochi litri di benzina".
Quando gli è stata comunicata la notizia che era stato prescelto per scendere per primo sulla Luna, Armstrong non si è affrettato a correre al telefono per comunicarlo a sua moglie. Glielo ha detto la sera, quando è ritornato a casa. La signora Janet lo ha guardato negli occhi e gli ha chiesto: "Sei sicuro che il tuo più vivo desiderio sia questo?". Armstrong ha risposto: "Sì, sono sicuro. Ne discutiamo ormai da tanto tempo". "E allora", ha aggiunto la moglie, "anch'io sono felice".
Gli Armstrong abitano nel quartiere di El Lago, a Houston. Davanti alla loro casa c'è un prato verde, che fa un fortissimo contrasto con la grigia zona dell'allunaggio. "Non posso dire di non essere emozionato, di non pensare al viaggio", spiega Armstrong, "non posso dire che il pensiero di sbarcare sulla Luna non sia il pensiero predominante in me, ma non posso permettermi il lusso di avere troppe emozioni per l'impresa. Bisogna pensare al successo e per questo bisogna avere la mente fredda".
Gino Gullace